Poco distante dal placido santuario di Santa Maria in Pantano, là dove le colline si ergono dolcemente, Montignano veglia, un castello dalle radici antiche, strette al feudo degli Arnolfi nei secoli lontani del X e XI. Le pergamene dell'abbazia di Farfa, nel 1115, lo ricordano come il "Poggio di Santa Maria in Pantano", quasi un avamposto sacro nel paesaggio umbro.
Come molti borghi che punteggiano queste terre, Montignano conobbe la soggezione di Todi nel tumultuoso XII secolo. Ma il tempo non ha cancellato la sua ossatura medievale: le mura antiche cingono ancora il borgo, alcune torri angolari si ergono come silenziose sentinelle, e la porta d'accesso introduce a un cuore di pietra. Oltre quella soglia, la piccola chiesa di San Giovanni custodisce un tesoro di fede e arte, una tela preziosa della Madonna del Rosario, pennellata dalla mano di Bartolomeo Barbiani.
Appena fuori dal cerchio protettivo delle mura, il tempo ha lasciato la sua impronta sui ruderi dell'antica chiesa di Santa Degna, documentata fin dal XIII secolo. Le sue mura perimetrali e l'abside semicircolare in pietra squadrata narrano storie di preghiere dimenticate. E dietro l'abside, un grande sarcofago di pietra giace come un enigmatico custode di un passato lontano.
Curiosità
Nel 1577, un'ombra di devastazione si allungò su Montignano e le sue terre. Il passaggio furioso di truppe mercenarie francesi lasciò dietro di sé una scia di distruzione. Ma da quella tragedia germogliò un gesto di umana compassione: il consiglio generale di Todi, mosso da pietà, decise di sollevare i cittadini di Montignano dal peso di dazi e imposte per ben quattro anni, un balsamo di speranza su un borgo ferito.