Nel lontano 220 a.C., la costruzione della via Flaminia nel 220 a.C. rappresentò un momento cruciale per lo sviluppo del territorio umbro, integrando l'area nel collegamento tra Roma e i porti adriatici. Un nastro di pietra, un'arteria vitale di crescita e prosperità. E nel cuore di questa terra umbra, là dove i Monti Martani declinano dolcemente, il tracciato consolare serpeggiava, lambendo l'odierno suolo di Massa Martana.
Prima, un mosaico di piccoli insediamenti rurali sparsi. Poi, il respiro di Roma trasformò il paesaggio. Per accogliere legioni in marcia e viaggiatori stanchi, sorse la statio ad Martis, un'oasi di sosta e ristoro, là dove oggi Santa Maria in Pantano veglia silenziosa. Le antiche mappe la ricordano, l'Itinerario dei vasi di Vicarello, l'Itinerario Antonino, la Tabula Peutingeriana, sigillando nel tempo la sua crescente importanza. Neppure la nuova via per Spoleto, con il suo soffio di decadenza per altri centri, riuscì a scalfire la sua solida presenza.
Ad Martis: presso il tempio di Marte. Un luogo sacro, avvolto nel mistero della sua esatta ubicazione, ma la cui aura divina irradiava l'intera contrada. Da statio, il borgo crebbe, mutando il suo nome in Vicus Martis, un vero centro pulsante, il cui eco risuona ancora oggi nel nome della terra. Iscrizioni romane ritrovate narrano di genti legate al dio guerriero: i Vicani Vici Martis, i sodales martenses, un collegium iumentariorum, un sacrum alle ninfe.
Sebbene il filo della storia progressiva del Vicus si sia fatto tenue, le pietre parlanti e i reperti sotterranei evocano un insediamento in continua ascesa, nutrito dal flusso vitale della Flaminia, crocevia obbligato per Todi, città fiera che sfuggì al suo tracciato.
Secoli videro la via consolare rinnovarsi, le sue pietre accarezzate da mani imperiali. Da questa terra martana giunsero memorie di Adriano e Antonino Pio, a testimoniare la cura per questa arteria vitale. E per domare la natura selvaggia, sorsero ponti arditi come il monumentale Ponte Fonnaia, un arco di travertino che sfida il tempo, restaurato nell'età di Augusto. Monete con i volti di Traiano, Adriano, Pio e Severo, ritrovate in queste contrade, sussurrano di una lunga stagione di prosperità per il Vicus Martis.
Il centro abitato irradiava la sua influenza sul territorio circostante, costellato di pagi e villae dedite al lavoro dei campi, come testimoniano gli antichi colombari sparsi. E nel cuore dell'abbazia di San Faustino, una villa romana riemersa svela le sue fondamenta e gli strumenti di un'antica operosità.
Il suolo martano ha generosamente restituito frammenti della sua lunga storia romana. Troppo spesso, questi tesori hanno varcato i confini, perdendo il legame con la terra che li ha nutriti, come la marmorea Venere ora custodita nei Musei Vaticani. Altri reperti hanno subito un oblio ancora più profondo.
Eppure, nonostante le lacune e le perdite, l'anima romana di Massa Martana palpita ancora oggi, soprattutto lungo i tratti maestosi e inattesi della via Flaminia, che riaffiorano come visioni potenti di un passato che non vuole svanire.